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Tumore dopo uso prolungato del cellulare: dopo la sentenza di Torino le cose cambieranno

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Tumore-all’orecchio-Istock

La Corte d’appello di Torino ha riconosciuto la richiesta da parte dell’ex operaio: il suo tumore potrebbe essere stato scaturito dall’uso prolungato del cellulare per lavoro, adesso dovranno pagare i danni, lo ha affermato il professore Roberto Albera.

Arrivano novità sull’ex operaio che aveva fatto causa all’Inail dopo essergli stato diagnosticato un tumore a seguito della troppa esposizione alle onde elettromagnetiche del telefono cellulare. Secondo quanto ricostruito dai giudici della Corte d’Appello sulla base delle testimonianze, l’ex operaio passava almeno tre ore al giorno al telefono, più un’eventuale ora fuori dall’orario di lavoro perché doveva essere reperibile. Gli avvocati hanno dichiarato: “È una sentenza frutto di un confronto tra scienziati e non una sentenza di giuristi che si sostituiscono alla scienza”.

Per molti anni, dal 1995 al 2008, M.N. ha passato ore e ore al telefono cellulare ogni giorno per lavoro. Nato nel 1959, è stato poi a lungo un operaio specializzato, fino a diventare responsabile di un reparto di un’acciaieria valdostana. A causa di un grave trauma sul lavoro era diventato sordo all’orecchio destro e per questo appoggiava il telefonino all’orecchio sinistro. Finché non è arrivata la notizia nel 2009: la scoperta di un tumore. Si tratta di un neurinoma del nervo acustico, proprio sul lato sinistro della testa, che gli ha fatto perdere definitivamente l’udito. L’uomo era convinto che quel male gli fosse stato provocato dalle troppe esposizioni alle radiazioni del cellulare, così aveva deciso di fare causa all’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) per vedersi riconosciuta l’invalidità da malattia professionale. 

La Corte d’Appello di Torino ascolta la richiesta dell’operaio: riceverà un indennizzo

radiazioni-cellulare-Istock
Radiazioni-cellulare-Istock

Lo scorso 2 novembre, la Corte d’Appello di Torino ha condannato l’ente. Secondo quanto ricostruito dai giudici sulla base delle testimonianze, l’ex operaio passava almeno tre ore al giorno al telefono e aveva usato per quasi dieci anni telefonini con “tecnologia Etacs, caratterizzata da livelli di emissione di radiofrequenze enormemente superiori a quelli dei telefoni cellulari GSM 2G, entrati in uso dopo il 2005”.

Lo studio Interphone ha individuato un eccesso di rischio statisticamente significativo di sviluppare un neurinoma dell’acustico solo negli individui che abbiano usato il cellulare molto a lungo e per molto tempo (superiore a 1.640 ore), ma la Corte di cassazione ha definito tale studio non particolarmente attendibile per essere stato cofinanziato dalle stesse ditte produttrici di cellulari.

Questa causa giudiziaria, però, appare diversa: “È elevata la probabilità che l’uso del cellulare abbia portato al tumore, ma non certo” ha spiegato il professore ordinario dell’Università di Torino Roberto Albera, autore di 400 pubblicazioni e di 10mila interventi chirurgici, tra i quali quasi duecento sui neurinomi. La certezza che l’uso del cellulare abbia provocato il tumore non c’è, insomma, ma l’elevata probabilità è quanto basta alla Corte per riconoscere all’uomo un indennizzo maggiore rispetto a quello stabilito dal tribunale in primo grado.